Le feste della montagna

Lucio Albano (zì Gennaro 'o Gnundo)
Lucio Albano (zì Gennaro 'o Gnundo)

La festa, detta dagli anziani “devozione”, ha una data di inizio variabile e termina il tre maggio, giorno della festa della Croce, cioè il giorno del rinvenimento della stessa da parte della regina Elena, madre dell’imperatore Costantino. Nacque spontanea in relazione all’origine ignivoma del monte, topos centrale al rito, per esorcizzarne la potenza distruttrice del fuoco, originato dalle terribili eruzioni, e propriziarsi lo stesso, adorato sotto forma di Dio (probabilmente Giove Summano), accendendo sul suo dorso piccoli fuochi in suo onore. Per questo la montagna, si costella di gruppi officianti, di falò e di fuochi artificiali.

Si tratta dello stesso fuoco che ricorre in tutte le manifestazioni pubbliche del nostro popolo in cui si vedono accomunati elementi pagani ed elementi cristiani, dove gli antichi riti si sono fusi nei secoli con scadenze religiose cattoliche

Il sabato dopo Pasqua, detto “Sabato in Albis”, inizia la festa della montagna in onore della Madonna di Castello e del monte Somma, nella quale si mescolano riti pagani e riti cristiani; viene chiamata con l’appellativo “dei fuochi” proprio perché in questi giorni si accendono moltissimi falò sulla montagna di Somma. La festa è millenaria e s’inquadra nei cosiddetti riti della vegetazione pre-cristiani, propiziatori al risveglio della natura e attraverso i quali il contadino spera di ottenere un ricco ed abbondante raccolto e simboleggia il riapparire della vegetazione dopo l'inverno che, un tempo, rappresentava un lungo periodo di magra. Questa tradizione del popolo contadino, benchè minacciata, come le altre, da cristallizzazioni, spettacolarizzazioni e spesso svuotate del loro arcaico e possente significato, resiste a Somma Vesuviana in quanto a seguito e mobilitazione anche delle nuove generazioni. Già dal venerdì in Albis risuonano dall’alto del monte, diretti a tutti gli abitanti della piana, i colpi scuri dei fuochi d’artificio ad annunziare che le paranze sono già sulla cima più alta del monte Somma, geograficamente la Punta del Nasone (1132 m.). Alla cima risponderanno altri botti che si innalzano dai vari tuori, che si succesono radiali sull’ampia dorsale. I falò sul monte ricordano la pericolosità dell’altura e il rientro notturno della miracolosa statua della Madonna di Castello, rifatta dopo l’eruzione del 1631. Una Madonna, questa, scelta dal popolo contadino per le caratteristiche specifiche molto vicine al suo mondo: essa, nell’aspetto, ripete le fattezze di una robusta coltivatrice, dove prevale la soda fierezza e la robusta corporatura di una madre di famiglia contadina: la Mamma schiavona. L’incontro con la divinità si protrae dall’alba al tramonto ed anche oltre, perché in paese si attende il rientro delle paranze che arrivano giù ballando e cantando, ondeggiando come lave da un portone all’altro. L’aspetto caratteristico della festa è l’offerta di una pertica di castagno, variamente istoriata a punta di coltello e ornata dell’immagine di Maria e delle collane di castagne e nocciole. L’ultimo atto è l’offerta della pertica alla moglie di uno degli organizzatori, alla fidanzata o a persona autorevole, e finisce con altrettanti fuochi nell’ultimo giorno.

(Fonte:https://it-it.facebook.com/media/set/?set=a.10150671416526148.383900.49801861147&type=3)

1975 - La paranza d' 'o Gnundo negli States allo “Smithsonian Institution’s Festival of American Folk life”

Si tratta di un documento estremamente importante, proveniente originariamente dall'imponente archivio di Alan Lomax, etnomusicologo e antropologo americano che a partire dai primi anni '50 del '900 compì in Italia, insieme a Diego Carpitella e a Ernesto de Martino, una serie rilevante di registrazioni sul campo di musiche e canti della tradizione popolare di tutta la penisola. Successivamente, durante gli anni '70, periodo d'oro del folk revival meridionale, Annabella Rossi e Roberto De Simone raccolsero altre testimonianze incrociando cantori popolari e gruppi, espressione dei vari territori del Sud Italia. Tra questi, la "paranza d''o Gnundo" di Somma, fu invitata, insieme ad altri, a partecipare, nel 1975, allo "Smithsonian FolklifeFestival". Tale evento rimase, nella memoria di alcuni testimoni privilegiati, come Giovanni Coffarelli e lo stesso De Simone, ma anche di Lomax e di sua figlia Anna, organizzatori della rassegna, come un punto di rilancio dell'attenzione alla cultura popolare (anche  apartire dalla scuola), marginalizzata dalla modernità ma considerata come ancora capace di costituire un baluardo culturale di valore, intorno al quale, nei decenni successivi, una certa direttrice di pensiero costruì una specifica idea di sviluppo locale. 

Nel video sono ben distinguibili, oltre a zi' Gennaro, che dirige la paranza, lo stesso Giovanni Coffarelli, voce e "castagnette".

Giovanni Coffarelli (al putipù), definito da Paolo Apolito un "antropologo nativo", con Vincenzo Romano (tromba degli zingari) (archivio www.ctmd.org)
Giovanni Coffarelli (al putipù), definito da Paolo Apolito un "antropologo nativo", con Vincenzo Romano (tromba degli zingari) (archivio www.ctmd.org)