"Chissà se ancora oggi per le strade di Somma Vesuviana si respira lo stesso pungente odore di stoccafisso che le abitava quindici o vent’anni fa. Erano i tempi in cui etnologi, musicologi e
antropologi calavano a grappoli su questo paese di circa trentamila abitanti stravaccato sui tuori vulcanici del monte Somma, alle spalle del Vesuvio. Volevano esplorare i meandri di quella che,
nel loro gergo accademico, chiamavano un po’ pomposamente una «zona demologica conservativa per eccellenza». Il che voleva semplicemente dire che a Somma Vesuviana, nell’area compresa
tra il santuario della Madonna di Castello, sulle pendici del monte, e la frazione di Santa Maria del Pozzo, ai bordi della piana nolana, per qualche sottile e non ben identificato motivo, i
ritmi contadini, i ruoli sociali, i riti, le tradizioni, le musiche, i racconti di un mondo arcaico e perfettamente integrato resistevano impavidamente alla modernità e alla postmodernità
incombente, magari adattandovisi in modi spesso imprevedibili. Di quell’epoca di furore antropologico sono rimaste numerose «ricerche sul campo»), nonché, per molti, i piacevoli ricordi
di pantagrueliche libagioni nelle occasioni rituali in compagnia degli ospitalissimi contadini" [...].
(Fonte: A. Di Mauro, Fiabe del Vesuvio, Mondadori, 1994, dalla Introduzione di Bruno Arpaia)